Confrontare gli orizzonti


Editoriale
Tredimensioni 5(2008) 1, 4-8



Nelle questioni tecniche (come ad esempio regolare il traffico stradale, controllare i conti familiari, distribuire gli incarichi, raccogliere fondi per la festa del paese...) è abbastanza facile trovare risposte condivise anche se chi le condivide parte da visioni di vita differenti. Sono, infatti, questioni che coinvolgono poco o per niente la visione che si ha della vita. 
Ma quando in ballo c'è da decidere che cosa sia il bene delle persone e quello comune, qual è il bene integrale e, in caso di conflitto, qual è il bene da far prevalere e in base a quali criteri... le cose cambiano perché la questione non è più tecnica, ma coinvolge il problema degli orizzonti antropologici. Risposte condivise possono ancora esserci, ma ciò non significa che ci sia anche accordo sugli orizzonti. Un esempio: le recenti vicende americane legate alla strage di studenti in un campus universitario hanno risollevato il problema del porto d'armi per i privati cittadini. Tutti d'accordo che stragi di questo genere vanno evitate. Ma i dibattiti riportati dalla stampa lasciavano trasparire diversità di orizzonte. Per evitare queste stragi alcuni proponevano di proibire o limitare l'acquisto di armi da parte di privati cittadini; questo per garantire la vita di altre persone innocenti dal rischio di cadere sotto l'uso troppo lesto delle mani altrui. Viceversa, altri proponevano il libero acquisto delle armi perché ognuno possa difendere la propria vita dai pazzi omicidi. Tutti concordi nello stop ad uccidere la vita di innocenti, ma gli uni per ragioni relazionali, gli altri per ragioni individualistiche. L'orizzonte del personalismo comunitario (la persona è relazione e si costruisce nel rispetto delle relazioni) è diverso dall'orizzonte libertario-individualistico (la persona si costruisce salvaguardando se stessa e gli interessi del suo gruppo esclusivo). Un altro esempio: tutti alla marcia della pace, ma chi per motivi di salvaguardia del proprio orticello e chi per cura del bene comune. Non si vede subito, ma dietro a posizioni condivise vi può essere una sostanziale differenza nel definire il bene concreto delle persone e della società stessa. Ovviamente le diverse posizioni possono essere supportate o indebolite da dati statistici e studi sociologici, ma la questione degli orizzonti è ad un altro livello.

La questione degli orizzonti è il tema caldo che si sta sempre più imponendo alla ribalta dell'educazione. Sui temi educativi, cioè su quelli che toccano la gestione della vita, le condizioni che la mantengono in vita e il percorso per preservarla come vita buona, le soluzioni tecniche abbondano, si moltiplicano, si confermano o si annullano ma ciò che è estremamente moderno è che esse derivano da orizzonti diversi e spesso contraddittori tra di loro e quindi sostanzialmente inconciliabili, anche se, per esprimersi e farsi valere, quelle soluzioni tecniche usano la stessa parola: valori. È il caso delle recenti diatribe italiane sui temi di vita quali la relazione tra i sessi, l'identità di genere, l'istituto familiare, il ruolo del padre e della madre...
La pluralità e diversità delle proposte non è costituita semplicemente da diversi punti di vista o diverse metodologie di politica applicativa. Ciò che è essenzialmente vita per una parte non lo è necessariamente per l'altra. Ciò che è il bene integrale della persona per una parte non lo è necessariamente per l'altra. Anzi, si arriva al punto che ciò che è male per un orizzonte interpretativo viene chiamato bene dall'altro e viceversa. Se ci fermiamo (come sempre ci fermiamo) a mettere a confronto le soluzioni tecniche, la gazzarra è assicurata, come lo sconcio della televisione, pubblica o privata che sia, testimonia ogni sera.
 
Dover constatare la diversità di orizzonti ispiratori è un aspetto nuovo e peculiare della situazione sociale e culturale del mondo contemporaneo. Alle stesse parole si danno significati diversi perché dedotte da un orizzonte qualitativamente diverso. Ad esempio, per i cristiani i valori sono le concretizzazioni di verità eterne (il valore è, dunque, una parola «pesante» da usare con parsimonia e prudenza), mentre per altri i valori sono le soluzioni che sembrano funzionare al momento, dettate dalla situazione o dal consenso (il valore è, dunque, una parola «leggera» e inflazionata): la distanza è abissale. Il bene-essere, per il cristiano, è la pace interiore che deriva dalla retta coscienza mentre per altri significa avercela fatta e saperci fare. Per un certo orizzonte, ciò che vale nella vita è il fine ultimo per il quale vivere (il perché), per un altro è saper estrarre ciò che serve al gioco del momento (il come). Il progresso può essere definito come avanzamento verso un fine o come accumulazione progressiva di dati e informazioni. Per alcuni la scienza è ciò che scopre la struttura interna del mondo, mentre per altri è ciò che sa fornire una molteplicità di spiegazioni. E così via... Stesse parole, ma che provengono da mondi differenti e auspicano mondi futuri differenti.

Gli orizzonti di riferimento dai quali estrarre soluzioni pratiche e «politiche» applicative vengono usati, ma quasi mai esplicitati. Rimangono latenti e il discorso scivola sulle loro concretizzazioni. Ad esempio, i giornali o la TV non trattano mai il tema religioso nella sua eccezione più seria di orizzonte antropologico entro cui l'Io può trovare il suo senso. Nei mass media il trascendente entra solo quando diventa pronunciamento etico (di solito di disapprovazione e condanna). Non dunque in sé, ma nel suo aspetto derivato e impoverito e quindi da contestare come antiquato. La risposta di auto-difesa e condanna dell'avversario segue a ruota. 
Il dialogo sulle concretizzazioni proposte da orizzonti contraddittori può procedere più spedito se quegli orizzonti sono esplicitati. E siamo davvero sicuri che fra noi cristiani, a casa nostra, non siano – di fatto – usati orizzonti fra loro contraddittori?

Esplicitare non vuol dire soltanto rivendicare e difendere la propria posizione, ma verificarne la struttura formale. Non basta, cioè, essere paladini del proprio essere «pro» o «contro» (l'immigrazione, i gay, il testamento biologico...) ma specificare qual è la propria visione di persona umana, del suo bene integrale, dire quale si ritenga essere la finalità del vivere, dell'essere uomo o donna, dell'amare e del soffrire..., perché si tiene quella posizione e non un'altra e come tutto ciò possa ritornare a beneficio di tutti (e non solo degli adepti del proprio gruppo). Esplicitare e auto-riflessione critica vanno insieme. Non è difficile dimostrare che sull'importanza di questo fondamento di ragionevolezza il messaggio cristiano è stato da sempre molto sensibile.

L'orizzonte diventa raramente materia di confronto, non perché si vogliono tenere le carte nascoste, ma perché non è sempre chiaro e conoscibile neanche da chi lo usa. Le controparti, sicure ed arroganti sulle conseguenze operative, sono confuse circa le stesse loro tesi sul problema del senso. Sicure sui valori «fondati», altrettanto ignare dei valori «fondanti». Di quelli della parte avversa, poi... Pressati dal problema, vanno sempre in giro e hanno perso la calma necessaria per fermarsi e capire quali sono gli aspetti essenziali del problema e quali i derivati, con il rischio di dare a questi ultimi una fortezza che non meritano. Difendono tesi che loro stesse non riescono ad impostare correttamente. Anche così si spiega perché la posizione avversa indispettisce talmente tanto.

Quando l'orizzonte di valori nei quali ciascuna parte si muove è contraddittorio con l'altro, il prezzo inevitabile dell'accordo è l'abbassamento delle esigenze ed implicazioni proprie dei valori più alti. La strada, poi, del concordismo forzato («ma in fondo, ci riconosciamo negli stessi valori!») porta, con il tempo, ad un progressivo allontanamento degli orizzonti stessi con la vincita di quello più «di moda» o più insistente e la fuori-uscita dell'altro con sempre minori possibilità di ricupero.
Deve far riflettere il fatto che, mentre su questioni tecniche, un governo può introdurre prassi notevolmente diverse da quelle del governo precedente e lo può fare senza grossi traumi, non così per la introduzione di prassi dove sono in gioco i valori «fondanti» che determinano lo strutturarsi di relazioni e interazioni sociali. Qualche esempio. La legge sull'aborto è oggi ritenuta una pietra miliare intoccabile. Il solo suggerimento di una qualche restrizione alla legge sul divorzio susciterebbe reazioni probabilmente violente e intolleranti. Il tamponamento automatico, «a tamburo battente», e l'immediata classificazione di «clericalismo» a chi rilancia qualche obiezione a certi presunti diritti, rende l'idea di che cosa significhi assumere un determinato orizzonte di valori e come questo non ammetta alternative. Scelte pratiche (da quelle fatte dai genitori o dagli educatori fino a quelle politiche, ma anche ecclesiali-pastorali) che implicano (senza che ce se ne renda troppo conto, ma dettate dalla tattica dei piccoli spintoni) un cambio di orizzonti di valori, molto difficilmente ammettono passi indietro! Esse modificano prima la mentalità e poi le strutture sociali che da essa derivano e tornare indietro – ad un orizzonte precedente – è difficile oltre che anacronistico quando nel frattempo la mentalità è cambiata.

Un punto, oggi, molto caldo è il cambiamento del significato «relazione»: è un vero e proprio cambiamento di orizzonte. I DICO, in fondo, segnalano un più vasto e sotterraneo mutamento di mentalità circa il modo di intendere le relazioni. Ma lo stesso cambiamento di orizzonte che definisce il termine relazione (dunque, cambiamento nei valori «fondanti» e non solo «fondati») lo ritroviamo – in versione diversa – in altre questioni: la nuova tecnica con cui il figlio chiede i soldi a suo padre non si ispira al principio delle relazioni bilaterali basate sul principio di solidarietà fra le generazioni, ma su quello della estorsione per interessi di parte (il «bravo» padre deve dare, ma non chiedere). La stessa ridefinizione di relazione si afferma silenziosamente sotto il nuovo modo di esercitare la professionalità (non è più una buona referenza l'aver fatto sempre lo stesso lavoro e sempre nello stesso posto, il «buon» curriculum deve essere meno monotono), sotto il nuovo modo di parlare (il conio di nuove parole non è solo una questione di aggiornamento del dizionario della lingua italiana), sotto il nuovo modo di stampare il proprio biglietto da visita (non dovuto solo all'ultimo programma di computer) ... Le novità tecniche sul tappeto possono variare, ma in esse lievita e cambia il concetto stesso di «buona» relazione. 
La domanda è legittima: forse, è possibile che le novità di prassi non siano soltanto aggiornamenti ai tempi moderni, ma un'espressione del cambiamento dell'orizzonte in base al quale viene definito ciò che vale e ciò che non vale.

La pretesa di arrivare ad un orizzonte condiviso da tutti è impossibile e neanche auspicabile. Ma dibattere su di essi e non solo sui loro derivati favorisce non solo il rispetto di ciò che è condivisibile, ma anche di ciò che non lo può essere, forse mai.