Internet e la sua proposta di vita


Editoriale
Tredimensioni 8(2011) 228-233




La tesi di fondo che qui si vuole sostenere è che gli strumenti digitali non sono dei semplici mezzi, da usare in modo diverso a seconda del fine che si vuole perseguire con essi. Al contrario, essi hanno un orientamento intrinseco, delle regole non scritte a cui l’utilizzatore deve necessariamente sottostare: nel loro insieme veicolano un proprio orizzonte antropologico. Internet, e il suo sviluppo integrato ai telefoni cellulari, si offre all'utilizzatore con una sua proposta antropologica che può e deve essere riconosciuta e vagliata criticamente. Ne descriviamo brevemente alcune delle linee fondamentali.

 

Una comunicazione sempre possibile

Gli strumenti informatici offrono/impongono una comunicazione sempre possibile: a distanza e ad ogni ora. Propongono un mondo dove i momenti di separazione affettiva dalle persone per noi significative possono essere tranquillamente evitati.

Per chiarire le implicanze di questa visione del mondo vediamo, come esempio emblematico, le sue ricadute circa il valore del silenzio nella comunicazione.

Fino a poco tempo fa era evidente a tutti che una relazione impone momenti di distacco, di assenza fisica e comunicativa dalla persona cara, momenti che servono per sedimentare dentro di sé quella relazione e custodirne le note essenziali. Così, ad esempio, il fidanzato che per alcuni giorni non può comunicare con la propria ragazza, ripensa a lei e nel ripensare rielabora il significato di ciò che si sono detti e di ciò che hanno lasciato trasparire senza dirsi apertamente. La comunicazione, quindi, si gioca(va) su di un equilibrio di silenzi e parole, dove gli uni aiutano a comprendere il significato delle altre e viceversa, un equilibrio nel quale ogni partner alterna il farsi vicino e il fare un passo indietro per lasciare all'altro lo spazio di riflettere e di emergere con la sua libertà. In una relazione di questo tipo, il silenzio poteva avere significati molto diversi tra cui quello fondamentale della fiducia accordata al partner nella distanza: non spendere ulteriori parole poteva essere la manifestazione di una disponibilità a concedere tempo per la riflessione, ad attendere la sua risposta libera e motivata... II silenzio poteva così evocare, tra le altre, l'esperienza di partire per un viaggio (e lasciar partire), sulla promessa che il legame non verrà meno nella distanza e che sarà possibile incontrarsi di nuovo.

Se, però, ci si colloca all'interno di un mondo dove è sempre possibile comunicare, risulta evidente che alcune esperienze (come quella della distanza o del partire) non sono più accessibili e con esse vengono anche meno alcuni dei significati che il silenzio può assumere, fino al limite estremo del silenzio come sinonimo di minaccia. Poter sempre comunicare assomiglia ad avere i propri amici sempre con sé, continuamente all'interno della propria stanza: un silenzio prolungato verso uno di loro non può essere segno di fiducia ma, al contrario, diventa facilmente espressione di aggressività o quantomeno dimostrazione di poco interesse nei suoi confronti.

Pertanto, contrariamente a quanto si possa immaginare, non solo si riduce l'esperienza che il soggetto può fare nell'interazione con gli altri, masi impone anche una nuova modalità relazionale: l'obbligo di comunicare e di essere sempre disponibili alle comunicazioni degli altri, pena la messa in crisi della relazione stessa. Infatti, se sono tutti vicini a me come posso non rispondere quando mi rivolgono la parola (al telefono) senza che si offendano? Se quindi gli strumenti informatici inizialmente sembrano favorire la comunicazione rendendola sempre possibile, nel tempo finiscono con il modificare la percezione del mondo e con essa le regole stesse del comunicare e del vivere. Il cambiamento antropologico è completo quando la «nuova» modalità relazionale viene presa come «normalità».

Di qui, la schiavitù a rispondere. È tipico vedere i ragazzi che partecipano ad un campo scuola continuare a comunicare costantemente con i genitori e con gli amici di casa: non sono mai veramente «partiti» per immergersi in una nuova esperienza. È uno stile considerato così normale che anche quando i ragazzi stessi se ne liberano, quando si concorda con loro di fare un campo senza cellulari, sono i genitori i primi ad opporre una vivace resistenza dicendo che si sta facendo una richiesta strana e irragionevole.

Gli strumenti informatici hanno una loro proposta circa le modalità ed il significato del comunicare, una proposta che va compresa e confrontata con quella evangelica per mettere in luce convergenze, ma anche punti di irriducibile dissonanza. È difficile pensare di poter calare il messaggio evangelico in una prospettiva di vita che nega l'importanza di spazi di silenzio, di interiorizzazione, di tempi anche di solitudine nei quali discernere la voce di Dio che risuona nel cuore in mezzo agli eventi della vita.

 

Un approccio alla vita protetto da uno schermo

Tramite gli strumenti informatici il soggetto può accedere ad una moltitudine di informazioni e mettersi in comunicazione con ogni parte del pianeta, ma tutto questo avviene sempre tramite uno schermo, in una modalità quindi che è predeterminata rispetto alla volontà dell'utilizzatore.

Fare nuove esperienze tramite uno schermo significa trasformare queste ultime da eventi in immagini, con la sostanziale differenza che mentre gli eventi coinvolgono il soggetto e si offrono a lui con una propria proposta da decodificare, le immagini rimangono qualcosa «a disposizione» del soggetto stesso e disponibili ad essere manipolate.

Nella vita reale il soggetto apprende e fa esperienza coinvolgendosi in particolari attività (come lo studio, un mestiere, un servizio di volontariato, un ritiro spirituale) attraverso le quali cogliere un significato di vita fino ad allora sconosciuto che lo interpella a dare una risposta personale. Tutto questo scompare quando la «stessa» esperienza viene vissuta tramite internet cioè tramite uno schermo: il soggetto infatti non si coinvolge veramente, non deve decidere una meta, non deve attenersi a dei dati, ma «naviga» lasciandosi volentieri distrarre da novità e proclami appariscenti, «dialogando» in chat con più interlocutori contemporaneamente e visitando più siti nell'arco di pochi minuti. Il soggetto non è veramente presente all'altro anche se sta interagendo con lui, tanto è che appena l'interlocutore diviene noioso è sufficiente passare ad un sito diverso (l'evoluzione di quello che nella tv è il «cambiare canale»). Nemmeno l’altro è veramente presente: quanto egli dice può essere facilmente registrato, cambiato, rivisto, accostato arbitrariamente ad altro materiale, ridicolizzato e rimesso in rete in forma modificata. L'altro è quindi ridotto, tramite lo schermo, alla sua immagine e questa è a completadisposizione del soggetto.

Sintetizzando, approcciare la vita tramite uno schermo riduce (o elimina del tutto) il carattere di evento tipico dell'esperienza, con i suoi connotati di irripetibilità, serietà, compromissione, rischio, forza di provocazione..., così che esso viene a generare un diverso concetto di realtà che nel tempo è percepito come normale.

L'evento che mi interpella a dichiararmi diventa uno schermo con cui proteggermi: non è infrequente che un ragazzo mostri il suo interesse affettivo per una ragazza attraverso un messaggio sul cellulare o addirittura per interposta persona. La motivazione esplicita: «perché mai dovrei rischiare di persona di ricevere un no?».

È evidente che un soggetto che progressivamente ha fatto propria l'indicazione implicita di internet - nella vita meglio non compromettersi, non vi è motivo per abbandonare il proprio ruolo di  «gestore» delle immagini - faticherà grandemente a cogliere come sensati alcuni aspetti della proposta evangelica e forse ii concetto stesso di farsi interpellare. Il porsi in un cammino di sequela segnato da esigenze dettate da un Altro e non modificabili a piacere dal soggetto, apparirà un approccio obsoleto all'esistenza; l'invito a lasciare tutto per donarsi senza limiti risulterà del tutto incomprensibile.

  

Un accertamento della verità tramite dibattito «aperto» 

Internet consente alle persone di tutto il mondo di mettersi in comunicazione e di interagire rapidamente su di un argomento, di creare dibattiti e progetti comuni.

Anche in questa possibilità vogliamo qui evidenziare una delle regole non scritte che orientano il modo di interagire: qualsiasi affermazione su internet può essere commentata, utilizzata, confutata, rielaborata... da tutti. Finisce la distinzione di ruoli tra docente e discente e si crea uno spazio di dibattito libero dove a ciascuno è riconosciuto il diritto di esprimersi al pari degli altri.

Da una parte, questo significa che tutti sono considerati dei soggetti attivi, capaci di dare un contributo all'elaborazione comune di un tema o anche allo sviluppo di un progetto concreto. È un modo di interagire che valorizza i singoli e li motiva ad agire in modo collaborativo e gratuito, ed è capace di dare vita anche a progetti di ampie dimensioni che fino a pochi anni fa erano del tutto impensabili. Un esempio emblematico è Wikipedia: un'enciclopedia «libera» dove ciascuno può contribuire scrivendo sugli argomenti di cui è esperto e modificando quanto scritto da altri. Al tempo stesso ciascuno permette ad altri di migliorale quanto da lui scritto e il tutto viene sviluppato in modo sostanzialmente gratuito. Risultato: in pochi anni i volontari che hanno partecipato alla stesura di voci sono più di 600.000, le pagine scritte si contano in alcuni milioni, l'accessibilità è in 270 lingue diverse.

Dall'altra parte, se ogni persona è considerata capace di dare un proprio contributo significativo, è anche considerata passibile di critica e revisione da parte di tutti. ln altre parole, scompare il principio di autorità secondo il quale ogni affermazione deve anche essere supportata dalla credibilità di chi la afferma, una credibilità che può derivare da fattori molto diversi tra loro come il ruolo che si riveste, il fascino personale, la competenza sull'argomento... ln internet, invece, le informazioni sono poste tutte sullo stesso piano, a prescindere che esse siano tratte, ad esempio, da un testo scientifico o da un articolo divulgativo.

Ma una modalità comunicativa di questo tipo è compatibile con l'annuncio evangelico?

Sicuramente essa provoca la Chiesa a porsi in modo più dialogico, accettando il fatto di venire continuamente sottoposta a critica, non a motivo del rifiuto della fede da parte di alcuni, ma più semplicemente (e radicalmente) perché il dibattito aperto è considerato il modo abituale di ricercare la verità. ln altre parole, si tratta - da parte della Chiesa - di considerare i propri interlocutori come adulti che nel fare il proprio cammino di ricerca (di senso, di un ethos...) valutano i vari contributi, e quello cristiano cattolico è uno tra i tanti. In secondo luogo, entrare nel dibattito aperto significa per la Chiesa riconsiderare quali siano le fonti della propria credibilità: l'annuncio cristiano può essere fatto tramite internet, ma esso sarà credibilesolo se presentato nella forma di una testimonianza recuperata nel suo senso più profondo di «tralcio legato alla vite».

Insomma, al nuovo metodo del conoscere proposto da internet non basta rispondere buttando in rete il massimo di informazioni possibili (omelie, appuntamenti, documenti, articoli...) per mostrare tutto quello che si fa e dire «ci siamo anche noi». Bisogna essere consapevoli che entrando in internet cambia il modo stesso di sostenere la verità. In campo di fede e di etica, il terreno sul quale i vari interlocutori possono dialogare è quello di una comune ricerca del senso del vivere e le affermazioni dottrinali e morali divengono comprensibili (prima ancora che credibili) solo quando sono presentate in modo da potersi inserire in questa ricerca comune. Esse devono quindi saper mostrare la loro capacità di dare vita a coloro che le accolgono (i «frutti») ed al tempo stesso devono saper rinviare ad una fonte (la «vite») che le supera.

Su questo punto la riflessione si fa più radicale e deve necessariamente trascendere l'uso di internet. Internet è solo un «campanello» che accelera il chiedersi se un modello comunicativo maggiormente dialogico e legato all'esperienza non sia in ogni caso più evangelico e rispondente alla situazione di oggi: più evangelico in quanto consente di valorizzare il contributo di ogni credente, di ascoltare i suggerimenti che lo Spirito manifesta attraverso chiunque; più rispondente alla situazione attuale in quanto una società sempre più pluralista richiede necessariamente il confronto tra le diverse proposte antropologiche, etiche e religiose che la abitano.