Valori utili
Tredimensioni 15(2018) 116-118
Quando proponiamo i valori, un modello che spesso seguiamo è quello dell'insegnamento. Istruiamo la gente (che presupponiamo abbastanza sprovvista in materia) sul fatto che per vivere bene non basta seguire le proprie idee o i propri sentimenti, ma bisogna ispirarsi a dei criteri universali, validi per tutti e, in quanto tali, riconoscibili da una mente ragionevole. Così è, ad esempio, per l'educazione dei bambini.
Tuttavia, a questo modello, oggi, la gente reagisce abbastanza malamente. Non ne coglie la sollecitudine che ha a cuore il loro benessere, ma lo percepisce come una limitazione alla propria libertà di scelta: la solita ammonizione che non appaga le attese del cuore, ma, al contrario, le contesta. Nel contesto occidentale contemporaneo resta forte il desiderio di costruirsi una vita fatta di senso. Chi sono io, chi voglio essere, chi sto invece diventando ... sono domande identitarie che rimandano alla questione profonda dei valori e che restano a tutt'oggi impellenti; ma, a differenza del recente passato, l'identità è avvertita come una dimensione della personalità che l'individuo ha la sensazione di poter costruire come meglio crede e in piena autonomia.
Attribuirsi la libertà di definire i propri valori-guida, con conseguente allergia all'istruzione da parte di altri, non è automaticamente sinonimo di relativismo morale. Può anche essere interpretato come l'esigenza post-moderna di dotarsi di una propria prontezza a rispondere ad un ambiente in rapido cambiamento. In un mondo relativamente stabile, come poteva essere la società premoderna, si poteva facilmente realizzare un'identità relativamente stabile e, per costruirla, affidarsi senza troppi problemi alle raccomandazioni altrui. Invece in un mondo dagli improvvisi e rapidi cambiamenti, come è quello della società post-moderna, è necessario saper reagire prontamente, cioè è importante far riferimento a valori interpretativi pronti all'uso, chiari nella persona stessa, personalizzati, immediatamente fruibili.
I valori, quindi, non sono più considerati tali perché da sempre validi o perché trasmessi da altri, ma perché costituiscono risposte che si sono sperimentate essere capaci di affrontare la novità dell'oggi. Dei valori, dunque, non si sottolinea l'aspetto di continuità con il passato, quanto piuttosto l'aspetto della loro utilità per il momento presente. Ciò può voler dire relatività dei valori, poiché possono cambiare a seconda della situazione presente; può però anche voler dire importanza dell'attualità e funzionalità degli stessi, intesi non come non come bagaglio di tradizioni e ideali del passato da conservare ma come forza dinamica capace di orientare la prassi di oggi.
Tuttavia, per essere considerati utili, i valori devono avere un qualche collegamento con la situazione in favore della quale si offrono e utili. E perché ci sia tale collegamento, la situazione va letta, compresa, interpretata. Se tu vivi da incosciente la tua situazione, non c’è valore che possa far presa, neanche quello che sarebbe il “toccasana” per quella situazione.
Ciò, allora, implica due cose per poter aprirsi al mondo dei valori: sapersi raccontare e saper ascoltare.
Sapersi raccontare. La persona che sa raccontarsi non fa una cronaca dei fatti, ma esprime la trama che li mette insieme in modo sensato ed escludendo la dispersione e la disorganicità. Di fatto laddove la vita reale presenta dei buchi, delle aporie o il non senso di ciò che accade (come nel caso della malattia che piomba addosso all'improvviso) è lo strumento della narrazione a dare coerenza e coesione a quegli stessi fatti sconnessi o forse anche strani. L'intreccio che il narratore esplicita riesce a creare relazioni e quindi ad offrire significati azioni e a far emergere le ricerche e le domande di fondo che più stanno a cuore. Chi si narra in questo modo si auto-comprende e si pone in una disposizione interiore che si può definire di autocura, abilitandosi a percepire come utili i valori che gli vengono proposti.